Tanta l’indignazione. Troppa la rabbia.
Quello che è accaduto nel parlamento italiano in merito all’elezione del Presidente Della Repubblica è l’ennesimo atto di violenza perpetrato ai danni del popolo italiano, da una classe politica ormai disposta a mantenere il potere con ogni mezzo.
In questi giorni convulsi abbiamo avuto, se mai ce ne fosse stato il bisogno, l’ulteriore conferma che la richiesta di fiducia da parte di Pierluigi Bersani ai parlamentari del Movimento 5 Stelle altro non era che un bluff.
Le quirinarie, dopo la rinuncia di Milena Gabanelli e Gino Strada, avevano fatto emergere il nome di Stefano Rodotà. Un nome che non era riconducibile al campo politico del Movimento 5 Stelle. Una personalità incorruttibile che avrebbe potuto avviare un percorso di rappacificazione tra la classe politica e i cittadini italiani. Il Pd, aveva la palla ferma davanti la linea della porta. E la porta era vuota. Bastava fare goal. Ma gli apparati di quel partito si sono venduti la partita, e con essa anche l’anima, al Pdl e a Berlusconi.
Ma a mio parere, all’interno di questa vicenda, un riferimento critico e duro va fatto nei confronti di Giorgio Napolitano.
Molti in questi giorni pensano che Napolitano si sia sacrificato per il bene del paese. Io penso che non sia così.
Napolitano, al contrario, in questa vicenda ha dimostrato una gigantesca mancanza di senso dello stato e un’estrema disponibilità a garantire la sopravvivenza di questa classe politica logora, corrotta e gerontocratica. Napolitano, incapace di trovare una soluzione di governo nei giorni successivi alle elezioni del 24 e 25 febbraio e che sul Corriere della Sera, dopo che aveva scelto i cosiddetti saggi, aveva lamentato di essere stato lasciato solo dai partiti doveva semplicemente prendere esempio da Ciampi. Carlo Azeglio Ciampi quando si parlava della sua rielezione aveva in maniera chiara e netta sostenuto che “due settennati sono poco compatibili con la Repubblica”.
Napolitano doveva semplicemente declinare l’invito alla sua ricandidatura e stimolare i partiti, anche a costo di stare chiusi dentro quell’aula per altri due, tre, sette giorni, a trovare una soluzione di riconciliazione con il popolo italiano. Per cui io credo che Napolitano si sia sacrificato ma non per il Paese. Non per i cittadini. Io credo che Napolitano si sia sacrificato per la sopravvivenza dell’establishment partitocratico. E’ questo è un sacrificio di cui non andare fieri. Per questo sostengo che Napolitano non sia una vittima.
Oggi, da cittadino italiano mi sento tradito da uno Stato che non mi rappresenta più. Tradito da uno stato che non ha ascoltato i suoi figli che a gran voce e con chiarezza avevano espresso il desiderio di avere Stefano Rodotà Presidente della Repubblica.
Da cittadino italiano e non da attivista del Movimento 5 Stelle, ai vertici di Pdl, Pd, Scelta Civica e Lega Nord, dico a gran voce: #vergognatevi. Avete tradito il popolo italiano.
Avete chiaramente detto al popolo italiano: state lontani dalla politica. Dalla vita pubblica. Tanto decidiamo sempre e solo noi.
Ma noi non ci arrenderemo.
Per questo invito i cittadini tutti a contrastare e a combattere con ogni mezzo democratico e legale questo stato e questa classe politica.
Simone Luca Reale